Meglio il concime naturale di quello chimico. Così le aziende agricole della Lombardia e del Piemonte che lo richiederanno potranno usare fino a 250 chili di fertilizzante zootecnico, contro i 170 permessi fino a oggi che dovevano essere poi integrati da un apporto chimico. La decisione è stata presa dalla Direzione generale dell’Ambiente della Commissione europea per il quadriennio 2016-2019 e vale per le regioni Lombardia e Piemonte. “Si tratta di un positivo passo avanti verso la revisione di quella mappa delle zone vulnerabili per la quale ci stiamo battendo da anni insieme alla Regione e del Ministero che non hanno mai fatto mancare il loro impegno in questi anni” spiega Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Brescia e Lombardia.
La deroga “pro biologica” alla Direttiva Nitrati coinvolge ogni anno almeno 260 aziende zootecniche, ma sono oltre 500 quelle potenzialmente interessate alla sua applicazione. “Ma l’obiettivo finale – spiega Alessandro Rota, Presidente Coldiretti di Milano, Lodi, Monza Brianza - è una ridefinizione globale delle zone vulnerabili, considerato che le ultime ricerche scientifiche hanno spostato dal settore agricolo a quello residenziale il baricentro delle responsabilità dell’inquinamento da nitrati in diverse aree della pianura padana. Basta vedere l’espansione dei centri abitati in Lombardia negli ultimi 20 anni e non parlo solo delle grandi città come Milano, ma anche di piccoli comuni con i loro piani di governo del territorio che spesso hanno portato a consumo di suolo agricolo a favore del cemento di capannoni, strade e palazzi”.
Una nuova impostazione della mappa delle zone vulnerabili – spiega la Coldiretti di Milano, Lodi, Monza Brianza – è strategica per garantire la sopravvivenza di un comparto che, oltre al drammatico crollo dei prezzi alla stalla di carne e latte, deve fare fronte a costi crescenti compreso quello dei terreni aggiuntivi per rispettare i parametri della Direttiva Nitrati. Negli ultimi dieci anni tra Milano e Monza sono stati persi il 31% degli allevamenti da latte, mentre in provincia di Lodi il 23%. A questo si somma la scomparsa dei maiali: dal 2010 se ne contano oltre 16mila in meno in provincia di Milano e più di 64mila in meno in provincia di Lodi.
Il tutto in una regione – aggiunge la Coldiretti - che vale la metà di tutte le cosce per prosciutti Dop prodotti in Italia, dove si produce il 40% per del latte italiano e che è la culla del Grana Padano, del Bitto, del Taleggio e di tanti formaggi Dop campioni nelle esportazioni all’estero così importanti per il rilancio economico dell’Italia. L’agricoltura lombarda – spiega la Coldiretti – offre lavoro a quasi 72mila persone contro le poco più di 67mila registrate nel 2009 quando è scoppiata la grande crisi mondiale. “Direi – conclude Ettore Prandini, Presidente Coldiretti Lombardia - che vista la situazione è il caso di mettere in campo tutte quelle misure, anche a costo zero, per irrobustire la ripresa dell’economia e la sistemazione delle zone vulnerabili è proprio una di quelle”.