19 Marzo 2014
LA MAFIA NEL PIATTO CON LE ETICHETTE CRIMINALI. UBIALI: “PER COMBATTERLA SERVE TRASPARENZA”

Dal caffe’ “Mafiozzo” stile italiano ai sigari “Al Capone”, dalla  pasta “Mafia” agli snack “Chilli Mafia”. Il crimine organizzato inquina l’economia anche solo con il nome, come ha scoperto la Coldiretti che per la prima volta ha censito gli esempi più scandalosi di prodotti agroalimentari, venduti in Italia, in Europa e nel mondo, con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme dell’iconografia mafiosa. La ricerca è stata illustrata oggi a Roma, nell’ambito della presentazione della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, promossa dalla Coldiretti con il procuratore Giancarlo Caselli alla guida del Comitato Scientifico.

“Siamo di fronte ad uno schiaffo all’immagine dell’Italia sui mercati globali. Il marketing industriale, dopo aver sfruttato la bellezza dei nostri territori, ora cerca di fare business con simboli e nomi che richiamo la criminalità organizzata per vendere prodotti alimentari che con l’Italia non c’entrano nulla” spiega Alessandro Ubiali, Presidente della Coldiretti di Milano, Lodi, Monza Brianza, che insieme a tutti i presidenti delle Federazioni provinciali della Coldiretti Lombardia sta partecipando ai summit in difesa dell’agroalimentare italiano. 

Il Presidente della Coldiretti nazionale Roberto Moncalvo ha chiesto “l’intervento delle Istituzioni nazionali e comunitarie per porre fine ad un oltraggio insopportabile” alla vigilia dell’incontro del Santo Padre con le vittime delle mafie il 21 marzo, nella "Giornata della memoria delle vittime innocenti delle mafie" promossa dalla Fondazione "Libera".  “La lotta alla criminalità organizzata – continua Alessandro Ubiali – passa dalla trasparenza, soprattutto in un settore come quello agroalimentare dove le mafie stanno investendo anche attraverso la gestione di aziende agricole ed esercizi commerciali sparsi sui nostri territori”.

In provincia di Milano il 43% dei comuni (58 su 134), in quella di Monza il 24% (13 su 55) e in quella di Lodi l’8% (5 su 61) è stato interessato dalla confisca di appartamenti, box, aziende, capannoni, attività commerciali e terreni agricoli riconducibili alle mafie. In totale in Lombardia sono 1.186 i beni sequestrati: si tratta della prima regione del centro nord e la quarta in Italia dopo Sicilia, Campania e Calabria.

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