4 Dicembre 2013
LA RABBIA DEGLI ALLEVATORI CONTRO IL FINTO MADE IN ITALY

 “Vogliamo trasparenza. Come allevatori chiediamo un’etichetta chiara che indichi tutte le fasi della vita dell’animale, dalla nascita alla macellazione. Solo così il consumatore potrà distinguere i prodotti italiani da quelli stranieri e scegliere consapevolmente cosa portarsi in tavola”. C’è rabbia nelle parole di Angelo Merlo, giovane allevatore di 28 anni di Cuggiono (Mi) che dalle 9 di questa mattina sta presidiando il valico del Brennero nell’ambito della mobilitazione “La battaglia di Natale: scegli l’Italia”, promossa da Coldiretti per difendere l’economia e il lavoro dalle importazioni di bassa qualità che varcano le frontiere per essere spacciate come italiane.

Sono circa diecimila gli allevatori e i coltivatori della Coldiretti provenienti da tutte le regioni, che in queste ore stanno controllando autobotti, camion frigo, container per smascherare il “finto Made in Italy” diretto sulle tavole di Natale, mentre le aziende agricole chiudono e l’economia stenta a ripartire. Attraverso il valico del Brennero giungono nel nostro Paese miliardi di litri di latte, cagliate e polveri, ma anche conserve di pomodoro, succhi di frutta concentrati e milioni di cosce di maiali. Coldiretti stima che 2 prosciutti su 3 consumati in Italia provengano dall’estero. I principali Paesi stranieri che stanno prendendo d’assalto il mercato italiano con le loro forniture sono la Germania, l’Olanda, la Francia, la Spagna e la Danimarca.

E per salvare il vero prosciutto italiano, oltre al Brennero, questa mattina si è svolto un corteo a Reggio Emilia, nel cuore della Food Valley tricolore. Tra le migliaia di allevatori accorsi c’era anche Marco Lunati, suinicoltore di Lodi. “Siamo al collasso. In dieci anni nel Lodigiano sono scomparsi quasi il 50 per cento dei suini e il 60 per cento degli allevamenti. E ancora non è finita, se andiamo avanti così si condanna a morte l’intero settore. È inaccettabile: quello italiano è l’unico maiale al mondo nutrito con alimenti di prima scelta quali cereali e siero di latte, la sicurezza del consumatore è garantita dal rigido disciplinare di produzione, ma nonostante ciò noi allevatori non siamo tutelati. Manca una normativa chiara sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti e oggi siamo qui a chiederla a gran voce”.

In Lombardia – spiega la Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza – si trova circa il 50 per cento del patrimonio suinicolo nazionale, ma secondo le stime elaborate dalla Coldiretti regionale, negli ultimi due anni sono spariti 300 mila esemplari. In particolare, a livello provinciale Lodi ha perso 83 mila capi, Milano 8 mila mentre in Brianza la produzione è in stallo. 

In Italia nell’ultimo anno sono scomparsi 615 mila maiali, ma il sistema nazionale sta perdendo la propria capacità di rifornimento anche sul fronte dei suinetti: fra il 2012 e il 2013 hanno chiuso 3 allevamenti al mese. Una situazione che si ripercuote sull’occupazione; dall’inizio della crisi la filiera ha bruciato oltre 8 mila posti di lavoro. Mentre a fronte di costi che hanno raggiunto 1,56 euro al chilo gli allevatori hanno preso quest’anno in media circa 1,45 euro al chilo. A deprimere le quotazioni è la concorrenza a basso costo dall’estero.

“Non possiamo andare avanti così – spiega Alessandro Ubiali, Presidente della Coldiretti di Milano, Lodi, Monza e Brianza – Sulle nostre tavole finiscono spacciati come italiani carni e prosciutti che in realtà sono realizzati all’estero, dove gli animali sono nutriti con scarti di ogni tipo. È necessario la legge nazionale sull’etichettatura, conquistata con l’unanimità del Parlamento, trovi al più presto applicazione”.

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