Il valore delle produzioni agroalimentari lombarde ha superato i 14 miliardi di euro, ma è messo a rischio dalle politiche folli dell’Unione Europea. È quanto afferma la Coldiretti in occasione della prima mobilitazione con gli agricoltori da tutta Europa e la partecipazione per l’Italia della Coldiretti, di fronte al Parlamento europeo a Bruxelles, in concomitanza del vertice straordinario dell’Ue.
Presente anche una delegazione di agricoltori della Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza guidata dal presidente interprovinciale Alessandro Rota, con il vicepresidente Marcello Doniselli, il delegato dei giovani Davide Nava, il direttore della Federazione Umberto Bertolasi e alcuni imprenditori del territorio. E’ la prima volta insieme per gli agricoltori provenienti dal sud e dal nord dell’Unione Europea, dalla Coldiretti agli spagnoli di Asaja, dai portoghesi di Cap ai belgi dell’Fwa fino ai giovani della Fja e molti altri che invadono la capitale dell’Unione per trasformare le proteste in risultati concreti.
“Oggi siamo venuti a far sentire la nostra voce dove vengono davvero prese le decisioni sulle politiche agricole e alimentari dell’Europa – dichiara il presidente Alessandro Rota -. Troppe volte la UE non ha voluto riconoscere il ruolo centrale degli agricoltori e dell’intera filiera agroalimentare nello sviluppo europeo in termini economici, di salute dei cittadini e di tutela dell’ambiente. Non è questa l’Unione che vogliamo e come Coldiretti siamo arrivati a Bruxelles per affermarlo proprio sotto il Parlamento europeo nel giorno in cui si riunisce il Consiglio straordinario UE con la presenza del premier italiano Giorgia Meloni. Ci attendiamo dei cambiamenti, a cominciare dalle norme della PAC che soffocano anziché incentivare l’attività agricola e la produzione sostenibile di cibo: ad esempio quella che obbliga a lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi o quelle riguardanti l’uso dei fitofarmaci. Norme che porterebbero a una significativa riduzione della produzione agroalimentare europea a vantaggio di quei Paesi che guadagnano solo dagli scambi commerciali; guarda caso gli stessi Paesi che promuovono la produzione di cibo sintetico in Europa”.
Tra gli striscioni e i cartelli in piazza, si legge: “Stop alle follie dell’Europa”, “Basta terre incolte”, “Stop import sleale”, “Prezzi giusti per gli agricoltori”, “No Farmers no Food”, “Cibo sintetico, i cittadini europei non sono cavie”, “Non è l’Europa che vogliamo”.
A rischio in Lombardia è un comparto che solo tra produzione agricola, attività connesse e quelle di trasformazione alimentare coinvolge circa 53 mila strutture produttive e oltre 200 mila lavoratori. La Lombardia – continua la Coldiretti regionale – svolge un ruolo fondamentale per l’agroalimentare italiano: produce, ad esempio, il 17% dei cereali italiani, il 40% del latte nazionale e ha il 40% delle risaie del nostro Paese. Contribuisce per il 50% alla produzione di carni suine, a oltre il 24% di quelle bovine, a quasi il 19% del pollame, al 17% delle uova e al 15% del miele. Grazie a 75 prodotti DOP e IGP, il valore della cosiddetta “DOP Economy” ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro: numeri che fanno della Lombardia la terza regione in Italia per impatto economico dei prodotti agroalimentari di qualità.
Coldiretti chiede di fermare l’ingresso di prodotti extra UE che non rispettano i nostri standard e che sugli accordi commerciali venga garantito il principio di reciprocità. In tale ottica è positivo lo stop della Commissione UE all’accordo con i Paesi del Mercosur. Inoltre – prosegue la Coldiretti – bisogna tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea, assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo pandemia, guerre e alla luce della violenza dei cambiamenti climatici.
Serve la cancellazione dell’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi, perché non ha senso impedire agli agricoltori di coltivare quote dei loro terreni quando poi si è costretti a importare – continua la Coldiretti – Servono più investimenti e maggiori sostegni ai giovani per il ricambio generazionale, ma l’Europa deve sostenere anche gli accordi di filiera per costruire mercati più equi con una più giusta distribuzione del valore e più trasparenti per i consumatori, anche per contrastare le pratiche sleali.